Risponde Massimo Fagioli
✩ (Arkbase)
LIBRIOGGI — 01/06/1978, pag. 16.
• In una fase come questa, in cui il dibattito sulla psicanalisi in Italia va registrando una notevole vivacità e articolazione di posizioni, la novità e la radicalità della sua critica a Freud hanno suscitato particolare scalpore, non solo negli ambienti specialistici. Ci può indicare i punti essenziali di questa sua critica?
La critica a Freud che, più che critica è rifiuto radicale, è il risultato di una prassi e una ricerca ormai ventennale. L’impossibilità, ovvia, di una dimostrazione sistematica in questo breve spazio mi obbliga a dichiarazioni essenziali che però, allorché si voglia verificare nei testi freudiani, sono dimostrabilissime.
Oltreché dire che Freud non ha mai fatto un discorso sistematico sulla realtà psichica umana e che non ha nessun metodo di ricerca, avendo fatto sempre discorsi frammentari e quindi sempre errati su singoli e parziali argomenti di psicologia, si può affermare la abissale stupidità e ignoranza freudiana allorché si scopra (sembra paradossale!) che Freud non conosce i termini elementari della realtà psichica.
Infatti: Freud non conosce la realtà (né tampoco, ovviamente, le dinamiche) dell’istinto di morte-fantasia di sparizione-indifferenza, di rabbia-bramosia-introiezione, di odio-invidia-negazione, di desiderio-sviluppo, di recettività-creatività, di investimento sessuale-ricerca-conoscenza-cura. Conseguentemente non conosce il come si sviluppino in senso progressivo e regressivo tali dinamiche del rapporto interumano. Il freudismo non ha mai potuto fare un discorso organico e coerente sulla realtà psichica umana per una ragione che, una volta scoperta, è semplicissima: per Freud l’uomo è, per sua natura, narcisista, cioè senza rapporto, cioè non ha nessuna derivazione da una realtà materiale di rapporto, l’uomo nascerebbe creta come Adamo. Conseguenza ovvia: l’originalità del pensiero di Freud è l’originalità della Bibbia!!
La ragione di questa colossale montatura che sta nell’esaltazione di Freud, ancora in piena fioritura, per cui non ci si è accorti o non ci si vuole accorgere del suo totale fallimento e della sua stupidità?
Al di là di ragioni storiche, politiche, sociali, religiose, un motivo fondamentale è nella predominanza del pensiero negativo della società borghese, nel dominio della ragione astratta. Essa ragione astratta, ovvero il modo di essere neutrale nella ricerca scientifica, non permette nessuna scoperta sulla realtà psichica umana in quanto la ragione astratta poggia i suoi fondamenti ed è sostenuta proprio da quelle pulsioni di annullamento che si debbono scoprire, affrontare e risolvere prima di poter avere quelle possibilità di conoscenza che permettono dì fare psicoanalisi. Non aver risolto le pulsioni di annullamento lascia nell’uomo una sostanziale indifferenza nei riguardi della realtà psichica degli altri uomini, ovvero una sostanziale stupidità e ignoranza.
Se si rileva il fatto elementare che Freud tenta una ricerca sulla aggressività umana soltanto dopo il 1920 (ci voleva la prima guerra mondiale, sic!) si può comprendere come le mie affermazioni iniziali sulla totale mancanza di metodo e di un minimo di coerenza siano assolutamente esatte.
Ho detto «tenta un discorso» perché, per l’ennesima volta, il fallimento ignominioso si rivela nella riduzione dell’enorme e fondamentale tema dell’istinto di morte ad una chiacchierata sull’anabolismo e catabolismo (cfr. ‹Al di là del principio del piacere›).
Ennesimo fallimento: il primo fu ne ‹L’interpretazione dei sogni›: i sogni sono desideri (scusatemi, sembra la canzonetta di Cenerentola!); e la pulsione? Il secondo nei ‹Tre saggi sulla teoria della sessualità›: il bambino polimorfo perverso. Fallimento nel caso Schreber: la pulsione omosessuale. Non esiste una pulsione omosessuale; esistono pulsioni di annullamento e di invidia (cosiddette omosessuali) e pulsioni di investimento sessuale. Fallimento nell’uomo dei lupi: il desiderio cieco. Fallimento nella ‹Introduzione al narcisismo›, ne ‹La negazione› (cfr. ‹Il NO e il SI› di R. Spitz, Armando, Roma, 1975), ne ‹Il problema economico del masochismo› nel ‹Disagio della civiltà›, in ‹Analisi terminabile e interminabile›.
Forse le citazioni sono sufficienti! Comprendono tutto l’arco di tempo che va dal 1896 al 1937.
Mi sembra evidente come sia assurdo ritenere che si possa costruire un discorso psicoanalitico ignorando l’aggressività umana che, in termini analitici, non può essere neppure limitata alla considerazione del sadismo, della rabbia, della distruzione materiale di uomini e cose. Questa la grande scoperta di Freud dopo più di vent’anni di psicoanalisi, il sadismo! La scoperta di quanto gli uomini sanno da quando sono sulla faccia della terra!
L’aggressività umana, proprio perché umana e non animale, comprende due dimensioni più latenti, aldilà del sadismo, che sono appunto le pulsioni di annullamento e di negazione. La distruzione della mente umana fa capo, in primo luogo, a queste due pulsioni, e quindi un metodo analitico deve partire dalla scoperta e dall’analisi di esse in tutte le varie dinamiche con le quali si presentano nei rapporti interumani e nella cultura dominante. Freud? Non le ha non solo pensate ma neppure supposte o ipotizzate.
• Lei ha accennato, contro Freud, alla necessità di pensare l’uomo in quanto inserito in una «realtà materiale di rapporto»: mi pare che in questo cenno si possa leggere un rimando implicito al materialismo storico, a Marx; ora, al di là del vecchio dibattito sui rapporti tra marxismo e psicanalisi, c’è un nesso, ed eventualmente quale, tra il suo discorso e Marx, in particolare il Marx teorico della reificazione dei rapporti sociali?
Di fronte allo svilupparsi di una possibilità di lavoro psicoanalitico reale, la ricerca di un nesso con quanto è accaduto in passato è di estremo interesse. Non ho dubbi sul fatto che tale ricerca vada puntualizzata sulla dialettica emersa sul finire della prima metà dell’800 tra Hegel-Feuerbach-Marx. La rivolta contro l’idealismo e la dialettica della negatività, intesa da Hegel come unica verità umana e storica, non fu rapportata, allora, alle dimensioni più profonde e inconscie dell’uomo nel suo rapporto con la realtà.
La proposizione per la quale non esiste la storia e la società ma esistono uomini che fanno la storia e la società obbliga alla conoscenza di questi uomini che fanno questa storia e costruiscono questa società. A sua volta la conoscenza di questi uomini concreti non può ignorare la realtà psichica di essi né tampoco la realtà inconscia.
Sarebbe, appunto da pazzi, dire che conosciamo la realtà umana perché conosciamo il corpo umano e il suo funzionamento fisiologico o, ai limiti, perché abbiamo un certo qual orientamento sul pensiero cosciente.
La codificazione scientifica del pensiero negativo non può ignorare la scoperta della fantasia di sparizione come prima e fondamentale dimensione negativa di rapporto dell’uomo con la realtà. Il pensiero negativo, che è poi prassi negativa, trova la sua prima fonte nella creazione dell’astratto, del nulla, di Dio, da parte dell’uomo stesso; da parte di una pulsione umana che messa fuori dell’uomo è momento di immobilità e di paralisi nella storia umana, momento di coazione a ripetere. La stessa pulsione riportata dal cielo alla terra, dallo spirituale astratto alla materialità umana, riconquistata dall’uomo dalla alienazione cui è sempre andata incontro, fa il cambiamento, la trasformazione, il progresso, la stessa creatività umana. Riportata cioè dall’alienazione esterna, in cui fa di ciò che è ciò che non è (ovvero annulla) alla realtà materiale essa fa di ciò che non è ciò che è (ovvero crea).
Si sa che Marx non ha mai fatto studi sulla dimensione psichica umana, men che meno sull’inconscio, ma è interessante che le formulazioni coscienti di Marx e l’impostazione metodologica siano di tutta attinenza con il lavoro di psicoanalisi, contrariamente ai discorsi freudiani che non sono di nessuna attinenza con il lavoro psicoanalitico.
Un problema, nella storia del socialismo, è che delle tre note alienazioni: la religiosa, la sociopolitica, la economica (mi permetto un rapido e approssimativo nesso con le tre «streghe» che fanno la pazzia umana: annullamento, invidia e bramosia), la terza, pur fondamentale, ha lasciato in ombra le altre due e particolarmente la prima. La possibilità di una psicoanalisi reale si fonda invece sulla lotta contro tutte e tre e, come si usa dire, nello specifico, particolarmente sulla prima, nel senso che si tratta di scoprire la religiosità, il feticismo che è nei rapporti interumani quotidiani, nell’adorazione dei ruoli che gli uomini assumono annullando e negando la propria identità reale e concreta. Si tratta di scoprire che, nella norma, domina l’astratto, il modo di essere in rapporto per indifferenza e negazione e per controllo della mente.
Un altro nesso fondamentale con la metodologia marxiana sta nella proposizione della trasformazione (i filosofi hanno in vario modo interpretato il mondo, ora si tratta di trasformarlo, ecc.) totalmente assente in Freud. Metodologia che impone la prassi di confronto con la situazione attuale, l’altro, gli altri, la continua ricerca, scoperta, conoscenza e verbalizzazione di essa, il rifiuto che non è negatività (annullamento e negazione aprioristica, astratta, totalitaria e totalizzante) ma prassi positiva di rifiuto, cambiamento concreto e specifico, basata sulla conoscenza del negativo-disumano.
• Passando ora al piano della pratica analitica, quali implicazioni ha su questo terreno la sua teoria, e in particolare quali motivazioni e obiettivi stanno alla base del metodo della psicanalisi collettiva?
La psicoanalisi collettiva è psicoanalisi come cura specifica proprio perché rifiuta, nelle sue basi teoriche e metodologiche il freudismo. Rifiuta che l’essere umano sia originariamente e fondamentalmente pazzo, rifiuta che l’inconscio perverso sia l’unica realtà dell’inconscio umano. Afferma, nel suo stesso essere fatto concreto, che l’inconscio perverso è determinato da rapporti interumani perversi e violenti e da società in cui la ragione astratta lascia all’uomo soltanto la furbizia e la masturbazione. Rifiuta che l’inconscio sia soltanto un mondo di micro e macromostri da controllare e possibilmente da annullare nel setting privato in cui la microistituzione delirante del ruolo dell’analista ha la funzione della divinità annullante. Afferma che allorché esista e venga proposta la scoperta dell’io originario interno e inconscio come disposizione naturale al rapporto (cfr. Marx: l’uomo è per sua natura essere sociale), allorché esista una conoscenza, un sapere concreto come dinamica di prassi di rapporto interumano, come risposta e non come concetto astratto, è possibile e reale una cura psichica di massa, che diventa lavoro collettivo di emancipazione dall’ignoranza, dalla confusione, dai rapporti privati parziali e sadomasochisti, liberazione dal dominio dei più astratti, dei più forti, dei più violenti.
Far emergere l’inconscio in una situazione collettiva di centinaia di persone avrebbe dovuto portare alla catastrofe, all’orgia, alla fine del mondo in una furia incontrollata di cannibalismo e di violenza: cosa che, a distanza di ormai tre anni, non risulta. E non risulta in quanto teoria e metodo scientifici reali, coerenti, radicali (cfr. Marx: una teoria perché si riporti alla massa deve essere radicale, e radicale vuoi dire prendere le cose alla radice — cito a memoria quindi la dizione non è letterale) riportati alla massa trovano il loro rapporto (inconscio!) con quella dimensione di Io interno, non astratto, con l’Io che deriva dal rapporto materiale del feto con il liquido amniotico.
È qui che le verbalizzazioni, le immagini, le pulsioni inconscie verificano continuamente la più grande e tragica panzana freudiana del narcisismo umano. Anche nella violenza maggiore dell’annullamento di alcuni può essere scoperta e interpretata la dimensione di rapporto per annullamento della realtà collettiva dì lavoro comune, cioè il rapporto violento come rapporto astratto, risultato di fare di ciò che è presente, reale, dinamico e vivo qualcosa che non è, non è reale, dinamico e vivo, ma irreale, fantastico, inesistente.
Questo rapporto concreto, materiale, senza ruoli e dimensioni istituzionali, presuppone una dimensione non pazza degli uomini, dimensione che sta appunto nella materialità del rapporto stesso (200 persone in una piccola stanza costituiscono la base per il cannibalismo secondo una psicologia sperimentale riferita però… ai sorci!) smentendo, nei fatti oltreché nella teoria, l’ideologia freudiana secondo la quale l’essere umano può essere sociale soltanto nella repressione, nell’istituzione, nella religione, nel dominio dell’istinto di morte.
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[] http://www.scribd.com/doc/123144964/LIBRIOGGI-1-6-1978-RISPONDE-MASSIMO-FAGIOLI
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