1991·03·15 - Rep.Venerdì • Villoresi·L & Fagioli·M (Freud?)

Freud? È un imbecille


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Personaggi

Anti-freudiano al cento per cento, lo psichiatra Massimo Fagioli torna al cinema firmando la sceneggiatura dell’ultimo film di Marco Bellocchio “La condanna”

Nella fotografia: Massimo Fagioli. Da quindici anni interpreta i sogni dei suoi pazienti attraverso una teoria scientifica che, secondo lo psichiatra romano, funziona nel 99 per cento dei casi

di Luca Villoresi
il Venerdì di Repubblica — 15/3/1991 (venerdì 15 marzo 1991)




«Veramente non so… sarà il caso di non continuare a parlarne? Tanto poi mi dipingete come vi pare a voi. Il plagiatore, lo stupratore…». Ma no, dottore, su, non si faccia pregare. Ma no e ma sì, vorrei e non vorrei, disponibile e ritroso, alla fine, il co-sceneggiatore eccolo qui. Ancor dubbioso: «Davvero nei titoli non mi mettete assieme a Tinto Brass?». Seppure fermamente sicuro di sé: Freud? «Un imbecille che non ha scoperto nulla». Massimo Fagioli? Uno che «in quindici anni avrò esaminato qualcosa come centomila sogni dando interpretazioni corrette non dico nel cento per cento dei casi, ma almeno nel 99 sì. Certo? Certo che ne sono certo. La mia è una teoria scientifica». Sicuro? «Sicuro, altrimenti non continuerei a fare quello che faccio».

Su cosa faccia il dottor Fagioli i pareri, naturalmente, sono controversi. Psichiatra — «Laureato e specializzato, con tutti i titoli a posto. Mica un selvaggio come qualcuno continua a definirmi» — inventore dell’analisi collettiva, guida spirituale di alcune centinaia di fedelissimi pazienti, Massimo Fagioli, era stato al centro di una violenta polemica nel 1986, quando il produttore Leo Pescarolo lo accusò di esercitare una nefasta influenza sul regista de ‹Il diavolo in corpo›: «Bellocchio è plagiato. Di questo film montato da Fagioli non so cosa farmene». Adesso torna sulla scena con ‹La condanna›. «Ho firmato con Marco la sceneggiatura. E durante le riprese ho espresso giudizi di cui il regista ha tenuto conto. E allora? Finitela di trattare Marco come un povero cretino. Perché se io sono il cattivo lui deve essere per forza l’imbecille».

L’uscita dell’ultimo film dell’autore de ‹I pugni in tasca›, oltre a riproporre dubbi e chiacchiere sul sodalizio artistico-analitico Bellocchio-Fagioli, ha scatenato però un ulteriore piccolo putiferio. ‹La condanna›, cronistoria psicologica e giudiziaria di un amplesso controverso — Lei ci è stata? Le è piaciuto? E con la prepotenza dell’erezione come la mettiamo? La condanniamo, la assolviamo, o la mettiamo in libertà vigilata? — secondo l’accusa sarebbe una vera e propria apologia dello stupro.


•  Guru, santone della psicoanalisi, selvaggio, con e senza virgolette… adesso anche ideologo della violenza carnale. Tutto falso, diciamo. O esagerato. Come si spiega, però, tanta acrimonia nei suoi confronti?

«Diciamo che posso solo fare delle ipotesi. Una per tutte: la cultura dominante non è freudiana? Ebbene, io sono anti-freudiano al cento per cento. Ho messo in discussione le basi della psicoanalisi ortodossa, la figura del medico sacerdote, con quel suo studio che sembra la capanna dello stregone. Se io ho ragione tanta gente dovrebbe cambiare mestiere. Potrebbe essere un buon movente per certi articoli pieni di insulti».


•  Potrebbe essere. Lei, però, dottor Fagioli, con questa sua pretesa di poter interpretare tutti i sogni, ignorando per di più la storia individuale del soggetto che li racconta… non peccherà un po’ di presunzione? Davvero è convinto di aver trovato le chiavi di lettura dell’inconscio?

«Sì. Al contrario di quanto sosteneva Freud, rivendico la possibilità di comprendere i sogni. Altro che libere associazioni. Prenda nota: io interpreto direttamente quello che chiamo negazione e pulsione di annullamento, facendo riferimento alle tappe fondamentali della vita umana: nascita, allattamento e svezzamento, la grande crisi del bambino che scopre che non siamo tutti uguali, la pubertà, la masturbazione. Tutto il resto, dai ricordi infantili ai traumi subiti andando al mare o in montagna, non mi interessa».


•  Dalla teoria alla pratica. Lei, attualmente, ha almeno seicento pazienti che riceve, divisi in quattro turni settimanali, in un locale di Trastevere: quattro ore di seminario e all’uscita chi vuole lascia un’offerta. Quanto guadagna dottor Fagioli?

«Senta io non conosco il reddito degli analizzati, non chiedo niente a nessuno. E non sopporto di essere accomunato a quel signor Verdiglione che non è medico né analista e si prendeva gli appartamenti dei pazienti».


•  I soldi non la interessano. E il potere? Qualcuno suppone che lei eserciti un fascino eccessivamente carismatico sui suoi “fagiolini”.

«Da me ognuno è libero di venire o non venire. Io non chiedo nemmeno il nome».


•  Però può cacciare un paziente?

«Questo certo che sì. Sono un libero professionista».


•  Saltiamo le polemiche su ‹Il diavolo in corpo› e la ‹Visione del Sabba›, l’altro film in cui Bellocchio si sarebbe fatto abbindolare dai suoi “deliri psicanalitici”. Veniamo a quest’ultimo discusso stupro-non stupro.

«Beh, anche qui gli equivoci si sono sprecati. A partire dai paralleli col caso Saracino. Per finire a queste ultime ridicole accuse. Ma che apologia di stupro! Quella famosa scena, invece, provate a guardarla come una geometria: la tangente dell’appoggio, i quattro amplessi circolari, la raffigurazione finale delle coordinate cartesiane con lui in piedi e lei sdraiata. Ecco, vede cos’è una ricerca».
Luca Villoresi




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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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NOTA: nel testo dell’intervista, il film ‹Diavolo in corpo› è più volte menzionato erroneamente come ‹Il diavolo in corpo›; l’articolo c’è invece nel titolo del romanzo di Raymond Radiguet, ‹Le diable au corps›, dal quale la trama del film è (molto liberamente) tratta; persino la pagina di wikipedia in inglese – https://en.wikipedia.org/wiki/Devil_in_the_Flesh_(1986_film) – riporta erroneamente il titolo originale facendolo precedere dall’articolo.

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[] http://www.associazioneamorepsiche.org/archiviostampa/wp-content/uploads/2013/02/pag1.pdf
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