2006·03·17 - Left n. 10 • Catanzaro·M (formiche fisica)

Le formiche della fisica


✩ (Left Story)

Cultura & Scienza

Un solo insetto ha poche capacità. Perché, quando sono milioni, riescono a fare cose incredibili? Lo studio dei sistemi complessi prova a dare una risposta

Luciano Pietronero: «La nostra non è una nuova scienza, ma un cambio di orientamento nella forma mentis degli scienziati»

[A·0]
In basso, formiche meccaniche costruite nel laboratorio di Marco Dorigo, a Bruxelles

di Michele Catanzaro
Left n. 10 — 17/03/2006 (venerdì 17 marzo 2006), pp. 68-69.


Colonie d’insetti, stormi di uccelli, reti tecnologiche: la fisica contemporanea si dedica a temi molto diversi dai pendoli oscillanti e dalle spire percorse da corrente dei libri di scuola. È il trionfo della “scienza della complessità”, una branca della fisica aperta all’interdisciplinarietà, che dagli anni Ottanta a oggi ha moltiplicato il numero dei suoi seguaci. Lo scorso anno, il Consiglio nazionale delle ricerche ha creato l’Istituto dei sistemi complessi (Isc) che svolgerà un ruolo da protagonista in Statphys23, la conferenza mondiale di fisica che si svolgerà nel 2007 a Genova. «Il Novecento è stato il secolo della meccanica quantistica. Questo sarà il secolo della complessità». Questa era la profezia di Stephen Hawking, nel gennaio del 2000. Luciano Pietronero, dell’Isc, precisa: «La nostra non è una “nuova scienza”, ma un cambio di orientamento nella forma mentis degli scienziati». Ma quali sono le idee-guida di questo cambio di mentalità?


Emergenza


Una formica isolata è capace di pochi, semplici comportamenti. Eppure una colonia di formiche può costruire nidi dall’architettura intricata, dividersi il lavoro ed elaborare strategie per procurarsi il cibo. «Le società d’insetti mostrano abilità collettive stupefacenti, sebbene gli individui che le compongono non possiedano l’“intelligenza” necessaria per lo svolgimento di questi compiti» — spiegano Rita Cervo e Stefano Turillazzi, studiosi del comportamento animale dell’Università di Firenze. Un gruppo di formiche è un esempio perfetto di sistema complesso. «La nostra ricerca si focalizza sull’emergere di proprietà collettive in sistemi con un gran numero di elementi che interagiscono fra loro», spiega Pietronero. «Chiamiamo questo fenomeno “emergenza”». Il punto-chiave è che questi comportamenti collettivi non si possono spiegare a partire dalle proprietà individuali di ciascuno. Un elemento isolato può essere semplice come un insetto. Ma quando gli elementi in interazione sono molti, appaiono proprietà imprevedibili. «La cellula è costituita da un gran numero di atomi, molecole, geni — spiega Luigi Luisi, coordinatore del progetto “Minimal cell”, per la simulazione di cellule artificiali —. Ma nessuno di questi elementi è sufficiente da solo perché emerga la vita: è necessaria l’interazione».


Punto critico


Quando mettiamo una pentola sul fuoco, per qualche minuto, l’acqua non cambia di aspetto. Poi, improvvisamente, appare uno scenario movimentato di acqua in ebollizione e vapore. La materia non è cambiata: le molecole di H2O sono identiche, sia nello stato di liquido che in quello di vapore. Però, riscaldando l’acqua, l’abbiamo portata a un “punto critico”, nel quale mostra un comportamento macroscopicamente diverso. È lo studio di fenomeni come questo che ha portato i fisici a dedicarsi ai sistemi complessi. Tutta la materia è costituita da atomi. Ma la varietà di materiali “esotici” che si possono realizzare a partire da questi pochi ingredienti è enorme: superconduttori, superfluidi, materiali porosi, viscosi, vetrosi, granulari. Da anni, la fisica cerca di capire quali sono le condizioni che portano la materia ai “punti critici” nei quali appaiono questi stati.

L’approccio tradizionale è quello di cercare di ridurre le proprietà della materia a quelle dei suoi costituenti elementari. All’inizio del Novecento, il fisico e premio Nobel Paul Dirac afferma sprezzantemente che, note le proprietà degli atomi, «tutto il resto è chimica». A distanza di un secolo, bisogna dargli torto. «I superconduttori, ad esempio, sono tutt’oggi un mistero, sebbene le proprietà degli atomi che costituiscono questi materiali siano ben conosciute», spiega Emmanuele Cappelluti, ricercatore dell’Isc. «È ora di abbandonare il riduzionismo tradizionale», conclude Pietronero.


Autorganizzazione


Il 13 marzo 2004, due giorni dopo gli attentati di Madrid, sms rimbalzano in tutta la Spagna. Chiamano a protestare contro la gestione della crisi del governo. La sera, le piazze di tutto il paese si riempiono di manifestanti. L’indomani, il risultato previsto delle elezioni generali viene capovolto. Nessun partito ha convocato la protesta. Una mobilitazione che normalmente richiederebbe un’accurata preparazione si genera spontaneamente, grazie all’interazione fra i cittadini. La società umana mostra una caratteristica fondamentale della complessità: l’autorganizzazione. Questo fenomeno appare anche in altre società animali. Andrea Cavagna e Irene Giardina, dell’Università di Roma La Sapienza, hanno elaborato un modello del volo degli uccelli. «Nessuno guida uno stormo di uccelli migratori. Ogni individuo interagisce solo con i suoi vicini. Eppure, gli uccelli sono in grado di formare un gruppo compatto». Alessandro Vespingani, che studia l’autorganizzazione all’Università dell’Indiana, spiega: «I sistemi complessi sono capaci di generare comportamenti collettivi ordinati a partire dal caos, ma quello che li rende così speciali è che questi comportamenti macroscopici coerenti non vengono imposti dall’alto. Al contrario, vengono generati dal basso, dall’azione microscopica degli stessi elementi del sistema».


Non equilibrio


[E·1]
«La complessità dell’occhio o della cellula non si può spiegare senza l’intervento di un progetto intelligente». Tesi come queste sono tipiche dei sostenitori dell’intelligent design [sic!] — la forma attuale del creazionismo — come Michael Behe e William Dembski. I fenomeni di autorganizzazione nei sistemi viventi sono stati utilizzati strumentalmente per postulare la presenza di un elemento sovrannaturale nella vita. In realtà, è vero che nei sistemi complessi agisce un elemento “esterno”, ma non è niente di “mistico”. I sistemi complessi sono sempre “aperti”. È grazie a questa energia che i sistemi possono mantenere un comportamento ordinato. Un sistema isolato raggiunge rapidamente una situazione di equilibrio, priva di complessità. Perché sia complesso, è necessario che venga costantemente perturbato dall’esterno, e portato fuori dall’equilibrio.


Reti


«Negli ultimi anni stiamo assistendo dal vivo alla nascita di un sistema complesso macroscopico — spiega Guido Caldarelli, ricercatore dell’Isc —. Si tratta di internet, un enorme laboratorio per studiare cosa succede quando una miriade di agenti entra in interazione». I creatori di internet appartengono alla generazione di Woodstock e la loro filosofia ha lasciato una traccia profonda nel funzionamento della rete: aperta, software di dominio pubblico, costi di accesso limitati, libertà di espressione e apertura alla innovazione. «Al contrario di altre infrastrutture, come la rete elettrica o quella stradale, né internet né il world wide web sono stati progettati dall’alto — prosegue Caldarelli —. Finora, non è stata creata nessuna autorità centralizzata che stabilisca la struttura fisica della rete o il suo contenuto. Tutto è stato lasciato nelle mani degli utenti». Negli ultimi anni, una parte degli studiosi di sistemi complessi si è dedicato alle reti. Non solo internet, ma anche le reti neuronali, le reti di regolazione genetica, le reti di interazioni fra le specie di un ecosistema o persino le reti di relazioni sociali professionali o sessuali fra individui, quelle su cui si diffondono “epidemie” di malattie o di idee. «Forse l’idea di rete è il paradigma dei sistemi complessi — conclude Caldarelli — lo strumento che ci permette di focalizzare l’attenzione sulla struttura delle connessioni e l’architettura generale dei sistemi, piuttosto che sulle singole componenti».




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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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[A·0]• «[…] nel laboratorio di Marco Dorigo, a Bruxelles»: nessuno dei 3 — né il laboratorio, né Dorigo, né Bruxelles — viene però menzionato nel testo dell’articolo.

[E·1]• Nel testo originale: «[…] tipiche dei sostenitori dell’intelligent design [sic!] — la forma attuale del creazionismo […]»: le parole “intelligent design” andrebbero forse evidenziate in corsivo, in quanto espressione tratta da altra lingua; lasciamo marcato con [sic!]. Sulle motivazioni che hanno indotto ad introdurre questa espressione, e sulla sua definizione, si veda la pagina corrispondente di wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Disegno_intelligente).
IBID.• «È grazie a questa energia che […]»: poiché non ha menzionato esplicitamente in precedenza il concetto di energia, viene il sospetto che sia stato tagliato del testo che esplicitava questo nesso; in fisica i sistemi si dicono “aperti” quando possono scambiare energia (e/o materia) con l’esterno; si dicono invece “chiusi” o “isolati” quando non possono. Nel caso specifico, più che l’energia dovrebbe entrare in gioco l’entropia, ma non è il caso di essere troppo sofistici.

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