2016·03·27 - CorLettura • DiCesare·D • Il Dio unico non è un tiranno. Israele lo porta a tutti i popoli

Il Dio unico non è un tiranno / Israele lo porta a tutti i popoli

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I testi di Benamozegh
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di Donatella Di Cesare
Corriere - La Lettura — 27/03/2016 (domenica 27 marzo 2016)

•[§·1]•
Da tempo Papa Bergoglio auspica un dialogo tra ebraismo e cristianesimo che non si limiti al reciproco riconoscimento. Per avviare un dialogo teologico saranno allora indispensabili due libri riproposti dalla editrice Marietti a cura di Marco Morselli: ‹Israele e l’Umanità› (pp. 308, € 25) e ‹L’origine dei dogmi cristiani› (pp. 270, € 24). Sono le opere principali del grande rabbino di Livorno Elia Benamozegh (1822-1900), voce potente e originale dell’ebraismo, rimasta forse senza uguali anche dopo l’Ottocento. Talmudista e gabbalista, ma anche filosofo e intellettuale, Benamozegh affrontò, con libertà e delicatezza, sapienza e cognizione, temi complessi e spinosi. Il monoteismo è oggi additato a causa di tutti i mali, fonte di tutte le violenze. È la tesi rilanciata da Jan Assmann e riaffermata da molti, che colpisce non solo e non tanto il cristianesimo, quanto l’islam e soprattutto l’ebraismo.

•[§·2]•
L’equazione, piuttosto banale, è tra il Dio unico e il pensiero unico. Si suppone di sapere che cosa sia il monoteismo; invece si assume una concezione pagana del dio, lo Zeus che resta dopo l’eliminazione degli altri dèi. Benamozegh chiarisce che il Dio di Israele è tutt’altro — non il «dio degli dei», ma il Dio che richiede un altro nome, a cui solo il Tetragramma, nella sua ineffabilità, può rinviare. Egli riconsidera non solo il rapporto tra ebraismo e cristianesimo, ma anche quello tra Israele e l’umanità, tra ebrei e non ebrei. Il merito di Benamozegh sta nell’aver intuito che, nel futuro molto prossimo, Israele avrebbe dovuto fronteggiare un mondo postcristiano, pervaso dal razionalismo e dalla secolarizzazione, che del cristianesimo avrebbe ereditato tutti i pregiudizi antigiudaici. Sarebbe stata quella l’ora di Israele, il tempo di prendere la parola. Anzitutto per dire che l’ebraismo non è una religione particolare, superata dal cristianesimo.

Benamozegh respinge la teologia della sostituzione: l’ebraismo è universale, perché universale è il Dio unico che Israele porta all’umanità. Così come è indirizzata a tutti la ‹Torah›; e se gli ebrei seguono 613 precetti (l’elezione è questo peso ulteriore), agli altri spettano i sette precetti noachidi, tra cui, ad esempio, il divieto di blasfemia, di idolatria, di uccisione dell’altro. La ‹Torah› è il tema che deve essere al centro del dialogo tra ebraismo e cristianesimo. Benamozegh decostruisce i «dogmi» del cristianesimo, ne segue l’origine attraverso un cammino che passa per la ‹Qabbalàh›. Emanazione messianica dell’ebraismo, compenetrato tuttavia da motivi pagani, il cristianesimo recupera se stesso solo nel dialogo con gli ebrei. Ma questo vale, alla fin fine, anche per l’islam.

•[§·4]•
Benamozegh spera che, nel dialogo, si realizzi un ‹tiqqun› delle religioni, una riparazione e un rinnovamento. E l’ebraismo, la religione più antica, sarà anche la più nuova, perché è la fonte che non mai smesso di sgorgare.

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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[§·1]• «[…] Jan Assmann […]»: (n. 1938) egittologo tedesco (vedi wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Assmann), autore di diversi volumi, tra i quali:
- ‹Moses the Egyptian: The Memory of Egypt in Western Monotheism› (1997);
- ‹Die Mosaische Unterscheidung oder Der Preis des Monotheismus› (2003);
- ‹Non avrai altro Dio. Il monoteismo e il linguaggio della violenza› (trad.it. 2007); titolo originale: ‹Monotheismus und die Sprache der Gewalt› (2006).
•[ivi]• «[…] e riaffermata da molti […]»: a chi mai si starà riferendo? Non avrà per caso visto i riferimenti a Jan Assmann in un noto “weblog di informazioni e di segnalazioni dalla stampa e dal web”?

•[§·2]• «[…] lo Zeus che resta dopo l’eliminazione degli altri dèi […]»: non di “eliminazione” si tratta — potrebbe affermare qualcuno — ma di “annullamento”, vedi ad esempio Mario Liverani, ‹Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele› (2003): «L’emergere del monoteismo non unifica le varie personalità divine, ma le annulla: rinuncia alle loro caratterizzazioni distintive per puntare su una caratterizzazione globale del divino che non può che essere di carattere etico». Vedi anche, su “Babylon Post”, E.B. Drummond, ‹Il ritorno del nulla› (qui).
•[ivi]• «[…] un altro nome, a cui solo il Tetragramma, nella sua ineffabilità, può rinviare […]»: tra assurdità, inesattezze e affermazioni tendenziose, è possibile tuttavia trovare in quanto scrive questo Benamozegh (e con lui la Di Cesare) qualche interessante spunto di riflessione: il dio degli Ebrei, in effetti, non solo non corrisponde, a differenza di quelli del politeismo, ad alcuna immagine, ma non è neppure una parola — il “verbo”, parente del “logos”, su cui si fondano tutte le “religioni del libro”? — essendo rappresentabile solo mediante il famoso tetragramma (YHWH) che non è tanto “ineffabile” quanto piuttosto “impronunciabile” (andrebbe infatti sostituito nella lettura con “adonai”, ovvero “signore”). Cosa sarebbe, allora? Si potrebbe forse definire una “idea”? Una idea senza immagine e senza neppure parola? Potrebbe essere questa particolare concezione (con i molti “non” in essa impliciti) all’origine del cosiddetto “nulla ebraico”? A proposito di quest’ultimo concetto, vedi anche P. Zellini, ‹La mistica della fisica›, su “Repubblica” del 30/8/2015 (qui). 
•[ivi]• «[…] il rapporto tra ebraismo e cristianesimo, […] tra Israele e l’umanità, tra ebrei e non ebrei […]»: quasi come se Israele — ovvero gli ebrei — non facessero parte dell’umanità?

•[§·4]• «[…] l’ebraismo, la religione più antica […]»: affermazione assai dubbia, a meno che per “religione” non intenda limitarsi a quelle monoteiste (ma anche in questo caso ci sarebbe forse da discutere).
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