2017·09·18 - Repubblica • Talignani·G • Nel Neolitico erano le donne la chiave della conoscenza

Nel Neolitico erano le donne la chiave della conoscenza


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Scienze
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Secondo uno studio alla fine dell’Età della pietra erano le femmine a spostarsi diffondendo saperi e tecnologie
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di Giacomo Talignani
R.it — 18/09/2017 (lunedì 18 settembre 2017)


[A·1]
Dimenticate lo stereotipo del passato che inquadra la donna sempre a casa con i bambini: nel Neolitico, al contrario di quanto si potesse pensare, erano loro le vere viaggiatrici. Abbandonavano la propria abitazione e si spostavano per centinaia di chilometri diffondendo cultura e conoscenza. Un’analisi dei resti di persone vissute alla fine dell’Età della pietra nella zona di Lecthal [sic!] (Germania) e sepolte tra il 2500 e il 1650 a.C. ci fornisce infatti una nuova chiave sul ruolo delle nostre antenate: si spostavano più dei maschi, erano portatrici di cultura e furono fondamentali per lo scambio di informazioni tecnologiche e saperi.

[A·2]
Secondo uno studio del Max Planck Institute di Jena e dell’Istituto di Preistoria e Archeologia di Monaco pubblicato su Pnas, all’alba dell’età del bronzo la maggior parte degli uomini tendeva infatti a continuare a vivere nel paese dove era nato mentre parte delle donne veniva da altre zone, fatto che ne sottolinea la costante mobilità.

[A·3]
Per affermare ciò gli archeologi hanno analizzato i resti di 84 individui sepolti in fosse nella valle di Lech. Solitamente i siti di sepoltura ospitavano un’unica famiglia: questo poteva significare anche generazioni differenti sepolte nello stesso luogo. Dalle analisi del Dna e quelle degli isotopi dello stronzio nei denti i ricercatori hanno notato una diversità genetica nella linea ereditaria femminile, fatto che indica come molte donne migrarono da altre aree, ad esempio dalla Boemia, verso la valle di Lech, magari in cerca di un marito. Anche se “migranti” e provenienti da altre realtà, le donne furono però integrate nelle nuove famiglie e sepolte con i componenti della popolazione nativa.

[A·4]
In questa società di tipo patrilocale, dove le famiglie si stabilivano nelle zone di residenza dell’uomo, per gli studiosi la mobilità femminile durò per almeno 800 anni. Le donne contribuirono così a trasmettere conoscenze, come ad esempio quelle sulla lavorazione dei metalli, scambiare informazioni su utensili, tecnologia, usi e costumi.

[A·5]
“Tutti noi conosciamo storie di uomini guerrieri e cacciatori che combattono e tornano con il cibo mentre le donne e i bambini restano a casa, ma sembra che le cose fossero decisamente diverse” ha spiegato l’archeologo Philipp Stockhammer che ha guidato il team di ricerca. “Il nostro studio suggerisce invece che quasi nessuno degli uomini aveva viaggiato, mentre due terzi delle donne lo facevano”. A Repubblica spiega: “Da quel che abbiamo dedotto lo scopo della mobilità femminile era la ricerca di un marito. Non ci sono prove di ‘forzature’ da parte delle loro famiglie di origine: le donne straniere non mostrano differenza nelle loro sepolture rispetto a quelle locali. Sembrano avere lo stesso status”.

Era un modo di spostarsi “individuale”, dato che “quella che si riteneva essere stata una migrazione di gruppo era in realtà basata su una forma istituzionalizzata di migrazione individuale” continua Stockhammer indicando che “fu una caratteristica importante delle vite degli abitanti dell’Europa centrale anche nel terzo e all’inizio del secondo millennio a.C.”

[A·7]
Le donne potevano spostarsi anche 500 chilometri lontano dai loro villaggi di origine secondo le informazioni raccolte attraverso le analisi dei molari e dei minerali. “È sulla base dell’analisi degli isotopi dello stronzio nei molari, che ci permettono di trarre conclusioni sull’origine delle persone, che siamo riusciti a capire che la maggioranza delle donne non proveniva da quella regione — chiosa Alissa Mittnik dell’Istituto Max Planck —. Venivano da lontano e portavano idee”.


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TERMINI-CHIAVE
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• archeologi (archeologi)
• Dna (DNA*)
• guerriero (uomini guerrieri e cacciatori)
• isotopo (isotopi dello stronzio)
• marito (ricerca di un marito)
• migrante (migranti)
• mobilità (mobilità femminile)
• Neolitico (fine dell’Età della pietra)
• Pnas (PNAS*, Proceedings of the National Academy of Sciences*, USA)
• sapere (saperi)
• tecnologia (tecnologie)
• utensile (utensili)
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(*) espressione non esplicitamente contenuta nel testo.


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TOPONIMI
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• Boemia
• Europa centrale
• Jena (Germania)
• Lechtal (Lecthal? Germania — o Austria?)
• Monaco (München*, Germania)
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(*) denominazione non esplicitamente contenuta nel testo.


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RICERCATORI
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• Mittnik (Alissa Mittnik)
• Stockhammer (Philipp Stockhammer)


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — Riportiamo qui sotto titolo e abstract dell’articolo pubblicato su PNAS, che dovrebbe essere la fonte primaria da cui è tratto l’articolo di Talignani. L’articolo risulta pubblicato online in data 5/9/2017, ma da riferimenti ad esso contenuti in altri articoli (vedi oltre) sembrano implicare che la pubblicazione sia avvenuta un giorno prima, il 4/9.

Female exogamy and gene pool diversification at the transition from the Final Neolithic to the Early Bronze Age in central Europe
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Human mobility has been vigorously debated as a key factor for the spread of bronze technology and profound changes in burial practices as well as material culture in central Europe at the transition from the Neolithic to the Bronze Age. However, the relevance of individual residential changes and their importance among specific age and sex groups are still poorly understood. Here, we present ancient DNA analysis, stable isotope data of oxygen, and radiogenic isotope ratios of strontium for 84 radiocarbon-dated skeletons from seven archaeological sites of the Late Neolithic Bell Beaker Complex and the Early Bronze Age from the Lech River valley in southern Bavaria, Germany. Complete mitochondrial genomes documented a diversification of maternal lineages over time. The isotope ratios disclosed the majority of the females to be nonlocal, while this is the case for only a few males and subadults. Most nonlocal females arrived in the study area as adults, but we do not detect their offspring among the sampled individuals. The striking patterns of patrilocality and female exogamy prevailed over at least 800 y between about 2500 and 1700 BC. The persisting residential rules and even a direct kinship relation across the transition from the Neolithic to the Bronze Age add to the archaeological evidence of continuing traditions from the Bell Beaker Complex to the Early Bronze Age. The results also attest to female mobility as a driving force for regional and supraregional communication and exchange at the dawn of the European metal ages.
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[] http://www.pnas.org/content/114/38/10083.abstract
Il lungo elenco degli autori include: Corina Knipper, Alissa Mittnik, Ken Massy, Catharina Kociumaka, Isil Kucukkalipci, Michael Maus, Fabian Wittenborn, Stephanie E. Metz, Anja Staskiewicz, Johannes Krause, Philipp W. Stockhammer.

Un articolo pubblicato da “The Telegraph” (datato stranamente 4/9, un giorno prima della pubblicazione su PNAS), che sembra aver fatto da fonte “intermedia” tra quello dei ricercatori su PNAS e quello di Talignani, è il seguente, di Victoria Ward:

Forget the wandering warrior: Bronze Age women travelled the world while men stayed at home
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European women travelled far from their home villages to start families, bringing new cultural objects and ideas — Credit: Stadtarchäologie Augsburg / SWNS
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Victoria Ward — 4 September 2017 | 8:00 pm


The concept that men stay at home while independent women venture out into the world is considered a rather modern phenomenon.

But a study suggests that in fact, the practice was rooted in ancient times, when Bronze Age men stayed at home while adventurous women were the key to spreading culture and ideas.

The research reveals that over a period of some 800 years, European women travelled between 300km and 500km from their home villages to start families, while men tended to stay near where they were born.

German archaeologists examined the remains of 84 people buried between 2500 and 1650 BC, discovering that at the end of the Stone Age and in the early Bronze Age, families were established in a surprising manner.


While the majority of women came from outside the area, the men usually remained in the region of their birth.

The researchers said the so-called “patrilocal” pattern combined with individual female mobility was not a temporary phenomenon, but persisted throughout the transition from the Neolithic to the Early Bronze Age.

The findings, published in the journal PNAS, come from a research project headed by Professor Philipp Stockhammer of Ludwig-Maximilians-Universität in Munich.

Prof Stockhammer said: “We all know these stories about warrior men out fighting and bringing home food while the women and children stayed at home but it appears things were quite different.

“Our study suggests that almost none of the men had travelled, while two thirds of the women had.”

As well as an archaeological dig, the researchers conducted stable isotope and ancient DNA analyses.

Prof Stockhammer added: “We have three types of molar in our mouths and they are mineralised at different ages.

“Every soil has a different signature such as chalk or clay, and the water drunk from these different soils provides a different signature on the tooth, enabling us to have some indication of where they have been.”

He said individual mobility was a “major feature” characterising the lives of people in Central Europe even in the third and early second millennium.

The researchers suspect that it played a significant role in the exchange of cultural objects and ideas, which increased considerably in the Bronze Age, in turn promoting the development of new technologies.

The study focused on settlements located in the Lech valley, south of Augsburg in present day Germany.

Prof Stockhammer said that from an archaeological point of view, the new insights prove the importance of female mobility for cultural exchange in the Bronze Age, and also allow us to view the “immense extent” of early human mobility in a new light.

He added: “It appears that at least part of what was previously believed to be migration by groups is based on an institutionalised form of individual mobility.”

Doctor Alissa Mittnik, of the Max Planck Institute for the Science of Human History, said: “We see a great diversity of different female lineages, which would occur if over time many women relocated to the Lech Valley from somewhere else.”

She said the burials of the women did not differ from that of the native population, indicating that the formerly “foreign” women were integrated into the local community.
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[] http://www.telegraph.co.uk/news/2017/09/04/forget-wandering-warrior-bronze-age-women-travelled-world-men/
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Si noti la tendenziosità un po’ vetero-femminista dell’autrice, che gioca su espressioni di uso comune quali “stare a casa”, cosa ben diversa da quanto affermano i ricercatori. Che le donne viaggiassero per centinaia di chilometri mentre gli uomini venivano sepolti nel luogo d’origine non significa che questi ultimi trascorressero in casa il loro tempo; non era ancora stata inventata la tv, ed era presto pure per la birra. Si aprono comunque interessanti quesiti: le donne che viaggiavano dovevano essere molto giovani, difficile immaginare che abbandonassero i loro figli o che li portassero con sé. Ma se erano tanto giovani come potevano essere portatrici di cultura, di informazioni tecnologiche e di saperi come afferma Talignani? Inoltre, se chi “stava a casa” erano gli uomini, chi avrebbe fatto le pitture rupestri? Sarebbe il rovesciamento di quanto finora scoperto e di quanto sembra anche logico. E comunque non sembra ciò che affermano i ricercatori, i quali intendono rivalutare la mobilità individuale a fronte di un’idea piuttosto diffusa di migrazioni di interi popoli.

Un’altra considerazione: all’epoca, a cavallo tra III e II millennio, nelle zone in questione si era al Neolitico, mentre in Egitto e in Mesopotamia si era già nel Bronzo. Vista l’elevata mobilità individuale, è possibile che non ci sia stata alcuna interazione e reciproca influenza? Se una singola donna poteva spostarsi di 500 km, allora in 10 generazioni (ovvero in un paio di secoli) se ne potevano percorrere 5000.

Esiste comunque anche un altro articolo sullo stesso tema, pubblicato sul sito del “Max Planck Institute for the Science of Human History” (shh.mpg) e datato anch’esso 4/9; da un riferimento in esso contenuto (al 2° cpv.: «The findings, published today in PNAS…»), si direbbe che l’articolo iniziale sia comparso in realtà prima della data in esso riportata:

Mobile women were key to cultural exchange in Stone Age and Bronze Age Europe
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4000 years ago, European women traveled [sic!] far from their home villages to start their families, bringing with them new cultural objects and ideas.
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Burial of a woman whose origin was not local in the Lechtal. © Stadtarchäologie Augsburg
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The burials of the foreign women did not differ from that of the native population, indicating that they were integrated into the local community. © Stadtarchäologie Augsburg
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September 04, 2017


At the end of the Stone Age and in the early Bronze Age, families were established in a surprising manner in the Lechtal, south of Augsburg, Germany. The majority of women came from outside the area, probably from Bohemia or Central Germany, while men usually remained in the region of their birth. This so-called patrilocal pattern combined with individual female mobility was not a temporary phenomenon, but persisted over a period of 800 years during the transition from the Neolithic to the Early Bronze Age.

The findings, published today in PNAS, result from a research collaboration headed by Philipp Stockhammer of the Institute of Pre- and Protohistoric Archaeology and Archaeology of the Roman Provinces of the Ludwig-Maximilians-Universität München. In addition to archaeological examinations, the team conducted stable isotope and ancient DNA analyses. Corina Knipper of the Curt-Engelhorn-Centre for Archaeometry, as well as Alissa Mittnik and Johannes Krause of the Max Planck Institute for the Science of Human History in Jena and the University of Tuebingen jointly directed these scientific investigations. “Individual mobility was a major feature characterizing the lives of people in Central Europe even in the 3rd and early 2nd millennium,” states Philipp Stockhammer. The researchers suspect that it played a significant role in the exchange of cultural objects and ideas, which increased considerably in the Bronze Age, in turn promoting the development of new technologies.

For this study, the researchers examined the remains of 84 individuals using genetic and isotope analyses in conjunction with archeological [sic!] evaluations. The individuals were buried between 2500 and 1650 BC in cemeteries that belonged to individual homesteads, and that contained between one and several dozen burials made over a period of several generations. “The settlements were located along a fertile loess ridge in the middle of the Lech valley. Larger villages did not exist in the Lechtal at this time,” states Stockhammer.


“We see a great diversity of different female lineages, which would occur if over time many women relocated to the Lech Valley from somewhere else,” remarks Alissa Mittnik on the genetic analyses and Corina Knipper explains: “Based on analysis of strontium isotope ratios in molars, which allows us to draw conclusions about the origin of people, we were able to ascertain that the majority of women did not originate from the region.” The burials of the women did not differ from that of the native population, indicating that the formerly foreign women were integrated into the local community.

From an archaeological point of view, the new insights prove the importance of female mobility for cultural exchange in the Bronze Age. They also allow us to view the immense extent of early human mobility in a new light. “It appears that at least part of what was previously believed to be migration by groups is based on an institutionalized form of individual mobility,” declares Stockhammer.
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[] http://www.shh.mpg.de/607527/mobile-women
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Si noti che tutti questi articoli riportano praticamente le stesse immagini, verosimilmente tratte dalla prima pubblicazione su PNAS. Ma torniamo all’articolo di Talignani.

[A·1]• Nel testo originale: «[…] nella zona di Lecthal [sic!] (Germania) […]»; da dove Talignani abbia preso quest’ortografia è un mistero. Le fonti anglofone parlano della «Lech River valley in southern Bavaria, Germany», mentre una ricerca su google maps fornisce Lechtal, una valle che prende il nome dal fiume Lech che vi scorre; questa valle si trova però in Austria, seppure non lontano dal confine con la Germania (150 km a SW di Monaco di Baviera). L’articolo pubblicato sul sito del “Max Planck Institute for the Science of Human History” menziona invece proprio il toponimo “Lechtal” (la “valle del Lech”). Probabilmente la ‘h’ di Talignani si è spostata per “attrazione” del termine “Neanderthal”.

[A·2]• Nel testo originale: «[…] uno studio del Max Planck Institute [sic!] di Jena […]»; nell’ultimo cpv. (A·7) viene invece nominato un “Istituto Max Planck”, che si suppone sia proprio lo stesso, e non si capisce perché “Institute” non sia stato tradotto anche qui. Notare che “Institute” può essere sia tedesco sia inglese. Bizzarrie del traduttore? In realtà, non esiste un “Istituto Max Planck”, gli istituti “Max Planck” sono molti e autonomi tra loro dal punto di vista scientifico, ciascuno di essi si occupa di uno specifico campo di ricerca (vedi il sito della Società Max Planck: https://www.mpg.de/institutes).

[A·3]• «Solitamente i siti di sepoltura ospitavano un’unica famiglia […]»: è però assai dubbio che per la società dell’epoca si possa parlare di “famiglia” nell’accezione attuale. Ed in effetti l’articolo sul sito shh.mpg, più accurato ed affidabile delle versioni divulgative derivate, usa il termine “homesteads” (insediamenti) e non “families” — salvo nella frase iniziale, che introduce l’argomento, in cui il termine è associato a “surprising”, e dunque implica non si trattasse di ciò che intendiamo oggi con “famiglia”.
•[ivi]• «[…] in cerca di un marito»: anche questo termine pare poco appropriato; che tipo di struttura avessero i nuclei “familiari” non sembra granché noto. Il termine corrispondente (“husband”) non compare negli articoli in lingua inglese, dunque si tratta di un inserimento di Talignani. Volendo esser generosi, si potrebbe pensare a un tentativo di “attualizzare” la descrizione per renderla più attrattiva al lettore, perdendo però in rigore storico.

[A·4]• «[…] le famiglie si stabilivano nelle zone di residenza dell’uomo […]»: “le famiglie si stabilivano” implicherebbe che viaggiassero, e che fossero queste, e non soltanto le donne, a viaggiare. In ogni caso ci si potrebbe chiedere: queste donne, “per almeno 800 anni” viaggiavano da sole, dalla Boemia alla Baviera? Pare assai dubbio, e si potrebbero formulare 2 ipotesi: (1) che venissero accompagnate dal luogo di partenza a quello di arrivo dai “familiari” di origine, magari al seguito di altri traffici; (2) che venissero invece “prelevate” dai destinatari, in cerca di “moglie”, magari come perfezionamento di altri tipi di accordi o di transazioni.
•[ivi]• «Le donne contribuirono […] a trasmettere conoscenze […] sulla lavorazione dei metalli […] utensili, tecnologia, usi e costumi»: “contribuirono”, dunque non sarebbero state veicolo né unico né principale degli scambi; se d’altra parte è difficile immaginare che viaggiassero da sole — magari per svariate centinaia di km, in un’epoca in cui non esistevano né strade né mezzi di trasporto e probabilmente anche i sentieri erano scarsi, malsicuri e poco manutenuti — si può ipotizzare che anche gli accompagnatori portassero con sé attrezzi e conoscenze. Sulla base di quali evidenze i ricercatori possono quindi attribuire la diffusione di conoscenze esclusivamente o prevalentemente alle donne viaggiatrici? Non è chiaro.

[A·5]• «[…] quasi nessuno degli uomini aveva viaggiato, mentre due terzi delle donne lo facevano […]»: “aveva viaggiato” verosimilmente nel senso della migrazione, ovvero non risulta sepolto in un luogo diverso da quello di origine. Il vero mistero sembra essere proprio questa sedentarietà, anche se di per sé la presenza di sepolture implicherebbe la “proprietà” o almeno una qualche forma di “legame” con la terra che, come sembra assumere anche il testo, poteva essere trasmessa per eredità patrilineare.
•[ivi]• «A Repubblica spiega […]»: ci sia permesso avere qualche dubbio, considerato che le affermazioni di Stockhammer sono tutte rintracciabili in altre fonti scritte.
•[ivi]• «[…] lo scopo della mobilità femminile era la ricerca di un marito»: ma per quale motivo non riuscivano a trovare “marito” nella loro zona di provenienza? Nessuno sembra chiederselo.
•[ivi]• «Sembrano avere lo stesso status»: e perché mai avrebbero dovuto avere uno status diverso? All’epoca non risulta esistessero né servitù né schiavitù, per le quali non sussistevano i presupposti economici. È l’aumento della produttività — conseguente allo sviluppo della “tecnica” — che permette e rende vantaggioso lo sfruttamento dell’umano sull’umano.

[A·7]• «Venivano da lontano e portavano idee»: notare che questa frase non risulta nell’articolo di Victoria Ward; Talignani se l’è inventata — è una citazione virgolettata attribuita alla ricercatrice Alissa Mittnik! — oppure l’ha tratta da qualche altra fonte? Potrebbe essere stata tratta (direttamente o indirettamente) dal testo evidenziato nell’articolo pubblicato su shh.mpg «[…] women traveled [sic!] […] bringing with them new cultural objects and ideas […]», frase che però in quella sede non è attribuita ad Alissa Mittnik.

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[] http://www.repubblica.it/scienze/2017/09/18/news/nel_neolitico_erano_le_donne_la_chiave_della_conoscenza-175845358/?ref=RHPF-VA-I0-C6-P5-S1.6-T1
[] http://www.pnas.org/content/114/38/10083.abstract
[] http://www.telegraph.co.uk/news/2017/09/04/forget-wandering-warrior-bronze-age-women-travelled-world-men/
[] http://www.shh.mpg.de/607527/mobile-women
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