2018·03·14 - StampaScienze • Beccaria·G • Pittori, cacciatori e chef

Pittori, cacciatori e chef


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“Com’erano frenetiche le giornate dei Neanderthal”
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Le scoperte più recenti ribaltano vecchi stereotipi “Ora il sogno è trovare un equivalente di Oetzi”
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di Gabriele Beccaria
La Stampa – TuttoScienze — 14/03/2018 (mercoledì 14 marzo 2018)


Maledetto il riscaldamento globale, ma chissà che non ci faccia un regalo: «Sono convinta che dal permafrost siberiano emergerà, accanto a un mammuth perfettamente conservato, anche il corpo di un neanderthaliano. Sarà un altro Oetzi e finalmente capiremo tutto di lui: cosa mangiava, di che malattie soffriva, come si vestiva».

Silvana Condemi è paleoantropologa del Cnrs francese, studiosa — com’è evidente — dei Neanderthal e racconta di un viaggio nel tempo che la sta sballottando in un’epoca remota, prima della storia standard, tra 300 mila e 40 mila anni fa, quando gli europei erano, appunto, quegli ominidi così diversi e così simili a noi e gli invasori, provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, i Sapiens. «Facciamo parlare ossa e denti», ironizza e in effetti i resti fossilizzati ritrovati nell’ultimo secolo stanno svelando moltissimo. Anche grazie alla spettrografia e alla genetica, come spiega nel saggio «Mio caro Neandertal», edito da Bollati Boringhieri (dove l’assenza dell’h è giustificata dalla recente trasformazione del vocabolo tedesco).

Professoressa, se volessimo contemplare un paesaggio con gli occhi di un Neanderthal, dove dovremmo andare?

«Dimentichiamo strade, città e campi. Un luogo è nel Solutré, nella zona del promontorio dove il mio gruppo sta effettuando degli scavi».

Dove si trova?

«È a Ovest di Macon, nella Borgogna-Franca Contea. Lì c’è una vasta pianura, oggi punteggiata dalle viti e all’epoca ricoperta di foreste. Ai Neanderthal piacevano i luoghi aperti: si stabilivano sulle colline per sorvegliare le zone circostanti e spiare il passaggio degli animali di cui andavano a caccia».

Un luogo iconico in Italia?

«Le colline del Piemonte, dimenticando, naturalmente, le vigne».

E durante le glaciazioni, quando buona parte dell’Europa era ricoperta dai ghiacci?

«Sappiamo che popolarono luoghi a Nord, in Francia e Belgio, tra gli altri. Pensiamo all’Alaska di oggi: anche lì, come nell’Europa dell’epoca, i mesi estivi erano i più favorevoli alla caccia e i Neanderthal si spostavano con le mandrie di animali di grossa taglia».

Quali animali?

«Mammuth, rinoceronti lanosi, uri e anche orsi. Questi ultimi diventavano prede quando erano in letargo».

Come avveniva la caccia?

«Con quella che definiamo caccia di vicinanza, a differenza dei Sapiens, che privilegiavano gli strumenti da getto».

È vero che l’anatomia della spalla non consentiva loro di scagliare lance e giavellotti?

«Avevano tre inserzioni muscolari nella spalla, mentre noi ne abbiamo due, ma resta dibattuto che tipo di movimenti potessero eseguire».

Erano fisicamente forti e psicologicamente resilienti. Ma erano anche intelligenti, giusto?

«La conferma arriva dalla recente scoperta delle loro pitture rupestri. Se finora queste rappresentavano la grande differenza tra noi Sapiens e loro, ora non è più così. In tre grotte della Spagna sono state effettuate le datazioni, su sedimenti e pigmenti, e si è giunti alla conclusione che risalgono a 100 mila, 60 mila e circa 40 mila anni fa. Prima, dunque, dell’arrivo della nostra specie. Purtroppo altre testimonianze sono andate perdute».

Quali testimonianze?

«Pelli e cortecce: riteniamo che le decorassero».

E il corpo? Se lo dipingevano?

«Stiamo riconsiderando una scoperta nell’area di Maastricht: nei sedimenti di 130 mila anni fa sono state trovate macchie d’ocra. Ocra ottenuto pestando la roccia e riscaldandola. Viste le caratteristiche e la collocazione, non può che trattarsi di colore utilizzato per pitture corporee: è probabile che la tinta venisse soffiata, con un tubicino».

Quali sono le altre evidenze di ciò che si definisce «pensiero simbolico»?

«Le sepolture e le offerte ai morti. O la creazione di oggetti con materiali pregiati, come asce e punte di quarzite. Le analisi rivelano che non furono mai utilizzate. A essere importante era la loro bellezza».

Lei ha dedotto un’altra capacità, quella di alimentarsi in modo creativo: di cosa si tratta?

«Studiando gli Inuit, sono arrivata alla conclusione che i Neanderthal usassero la carne al meglio: come loro, se volevano sopravvivere nei periodi più freddi e durante gli spostamenti, dovevano preparare “polpette” da portare in viaggio: un misto di grasso e bacche. Altamente proteico».

C’è chi ha ipotizzato che noi Sapiens li abbiamo sterminati, ma lei non è d’accordo: perché?

«Se fosse avvenuto un genocidio, sarebbe stato rapido. E invece la convivenza è durata almeno 5 mila anni. Piuttosto c’è stata un’ibridazione, come rivelano i geni che abbiamo ereditato nel nostro Dna».

Abbiamo vinto con la forza del numero?

«Di certo eravamo di più».


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — È – senza che sia evidenziato nell’intestazione – un’intervista a Silvana Condemi, paleoantropologa del Cnrs francese, nonché autrice – insieme al francese François Savatier, che non viene neppure menzionato – del saggio divulgativo ‹Mio caro Neandertal›, il cui sottotitolo è ‹Trecentomila anni di storia dei nostri fratelli› (Bollati Boringhieri, traduzione di Susanna Burlot, 212 pagine, 24 euro). Chissà come mai tutte queste omissioni?

[A·0]• Nel titolo: «[…] le giornate dei Neanderthal [sic!]», “Neanderthal” (vecchia grafia) oppure “Neandertal” (senza ‘h’, nuova grafia)? Nel saggio in qualche modo recensito è adottata la 2ª, mentre nell’articolo – e non solo nel titolo – l’autore insiste nell’utilizzare la 1ª; sarà per una velata polemica che non menziona neppure l’editore del volume? Oppure sarà per distrazione? Lasciamo la risposta al lettore, e il testo non modificato.

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[] http://www.lastampa.it/2018/03/14/scienza/tuttoscienze/pittori-cacciatori-e-chef-comerano-frenetiche-le-giornate-dei-neanderthal-StyVCkBJmIz5Oj3U2GEzNL/premium.html 
[] https://spogli.blogspot.it/2018/03/la-stampa-tuttoscienze14.html
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