Cavalli-Sforza, l’esploratore del Dna che ha smontato il mito della razza
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di Gabriele Beccaria
La Stampa — 02/09/2018 (domenica 2 settembre 2018)
Nell’abisso del Dna ha trovato molto, moltissimo, tranne la parola più pericolosa e scottante: razza. Non siamo una razza, né ci sono razze umane, separate da incolmabili differenze biologiche. C’è solo una specie, quella umana. Che inventa concetti esecrabili – come quello di razza, appunto – ma che negli ultimi 200 mila anni ha realizzato un cammino unico tra gli esseri viventi.
L’esploratore dell’avventura primigenia si chiama Luigi Luca Cavalli-Sforza e la sua intelligenza multiforme si è spenta ieri, a Belluno, a 96 anni. Non c’è retorica nel celebrarlo tra i grandi della scienza. Uno dei suoi meriti è aver contribuito a definire una visione rivoluzionaria: il nostro passato ancestrale non si limita più a una fragile collezione di fossili, in cui dannarsi per far combaciare un dente con un teschio. Da almeno tre decenni stiamo imparando a considerare ognuno di noi, e ogni antenato, come un archivio, vivente o congelato nel tempo. Una massa di informazioni, quasi inconcepibile per i non addetti ai lavori, concentrata nei geni e lì custodita per chi sa decifrarla.
Nel XXI secolo paleoantropologi e archeologi non possono più fare a meno dei genetisti e così si sono fatte scoperte sorprendenti, come quella che nel nostro Genoma si è riversato un po’ di Dna di una specie concorrente, estintasi 40 mila anni fa, i Neandertal. Ma a dare il via alla colossale decifrazione dell’‹Homo sapiens› è stato proprio Cavalli-Sforza: lui – ha raccontato – già negli Anni 50 si chiese «se fosse possibile ricostruire la storia dell’evoluzione umana ricorrendo ai dati genetici delle popolazioni attuali». La paleogenetica – l’analisi del Dna antico – non esisteva ancora, e il professore-pioniere raccolse quantità crescenti di dati biologici, a cominciare dai gruppi sanguigni, fino a tracciare un «albero darwiniano» che equivale alla vulgata che oggi va per la maggiore.
Noi ‹Sapiens› siamo africani e poi, spinti da una curiosità che non smette di tormentarci (e che Cavalli-Sforza ha interpretato da maestro), abbiamo dato il via all’impetuosa colonizzazione del Pianeta: l’Europa e quindi l’Asia intorno a 55 mila anni fa e le Americhe all’incirca 30 mila anni fa. Nel Dna – ha raccontato nei suoi saggi, come il celebre ‹Storia e geografia dei geni umani› – è racchiusa la memoria di tutte le migrazioni – e quindi degli incroci e degli adattamenti all’ambiente – e di come siamo diventati agricoltori, diecimila anni fa.
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Cavalli-Sforza, nomade anche lui (nato a Genova, studente a Torino, professore a Stanford e a Pavia), si divertiva a smontare le elucubrazioni di Arthur de Gobineau, assertore della superiorità degli europei. Proprio gli europei – ha dimostrato – sono il vertice di una maionese genetica, frutto di incroci di popolazioni. Non c’è alcuna «purezza» e il diverso colore della pelle non è altro che una variazione del look, mentre all’intelligenza riconosceva aspetti ancora misteriosi, all’incrocio tra sfera naturale e sfera culturale. Forse l’enigma avrebbe potuto essere sciolto con il mega-progetto dello «Human Genome Diversity Project», destinato a mappare la diversità genetica dei ‹Sapiens›. Ma le accuse di razzismo (e biopirateria) hanno incrinato la visione dell’uomo che più di ogni altro ha contribuito a farci riflettere sulle nostre comuni radici.
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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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NOTA: la fonte secondaria dalla quale abbiamo tratto il testo non contiene evidenziazioni in corsivo; le abbiamo introdotte in questa versione per i termini in latino (come ‹Homo sapiens›) di uso comune nella nomenclatura scientifica.
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The Human Genome Diversity Project (HGDP) was started by Stanford University’s Morrison Institute and a collaboration of scientists around the world. It is the result of many years of work by Luigi Cavalli-Sforza, one of the most cited scientists in the world, who has published extensively in the use of genetics to understand human migration and evolution. The HGDP data sets have often been cited in papers on such topics as population genetics, anthropology, and heritable disease research.
The project has noted the need to record the genetic profiles of indigenous populations, as isolated populations are the best way to understand the genetic frequencies that have clues into our distant past. Knowing about the relationship between such populations makes it possible to infer the journey of humankind from the humans who left Africa and populated the world to the humans of today. The HGDP-CEPH Human Genome Diversity Cell Line Panel is a resource of 1,063 cultured lymphoblastoid cell lines (LCLs) from 1,050 individuals in 52 world populations, banked at the Foundation Jean Dausset-CEPH in Paris.
The HGDP is not related to the Human Genome Project (HGP) and has attempted to maintain a distinct identity.
Gli studi di Cavalli-Sforza, in special modo il suo ambizioso Human Genome Diversity Project, hanno ricevuto negli anni molte critiche, tra cui le accuse di neocolonialismo e biopirateria.
Si direbbe dunque che l’argomento sia tuttora controverso.La presente categoria prende il nome da due termini che descrivono lo stesso fenomeno guardandolo da 2 punti di vista diversi ed opposti.
- La “biopirateria” «è un concetto che descrive il modo con cui le multinazionali del mondo sviluppato rivendicano la proprietà o altrimenti traggono vantaggio, dalle risorse genetiche e conoscenze tradizionali e tecnologie dei paesi in via di sviluppo». Biopirateria quindi è l’appropriazione, da parte di qualche soggetto, di una conoscenza appartenente ad un gruppo tradizionale, per ottenerne la proprietà intellettuale (con gli ovvi vantaggi che se ne ottiene all’atto della commercializzazione). La conoscenza locale abbraccia un grande corpo di sistemi di conoscenza ed include quelli classificati come tradizionali ed indigeni.
- L’Oxford Dictionary così definisce il “bioprospecting”: «la ricerca di piante e di specie animali dalle quali possono essere ottenuti medicinali ed altri preparati di valore commerciale». In questa accezione è evidente l’intento di porre l’accento sulla creazione di nuovi prodotti, invece che sulla appropriazione di un qualcosa appartenente ad una cultura precedente. Sempre l’Oxford Dictionary definisce la “biopirateria”: sinonimo di bioprospecting «riguarda una forma di spoliazione delle nazioni in via di sviluppo attraverso una appropriazione».
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[] https://spogli.blogspot.com/2018/09/la-stampa-2.html
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