1976·02·24 - Giorno • Kotnik·D (vilipendio Freud)

Vilipendio di Freud


✩ (Arkbase)

Due psicanalisti al bando

di Dara Kotnik
Il Giorno — 24/02/1976 (mercoledì 24 febbraio 1976)


[A·a1]• ±?
La Società Psicanalitica Italiana, sotto la presidenza di Franco Fornari, si è riunita il primo febbraio scorso a Firenze per discutere una lunghissima relazione dei probiviri sul «caso Massimo Fagioli e Antonello Armando», entrambi accusati di oltraggio all’istituzione, di contestazione alla struttura gerarchica della Spi, di ribellione ai metodi di analisi tradizionali e di conseguenza al metodo di formazione degli analisti: in pratica di vilipendio di autorità e (sottovoce) di sottrazione di clienti ai loro colleghi. Risultato: i due psicanalisti romani sono stati espulsi, diciamo pure cacciati, con 66 voti contro 25. E se circa un terzo è stato quindi contrario al «Vade retro Satana», astenendosi dalla condanna, non lo è stato sempre per convinzione o per simpatia. Qualcuno avrebbe preferito il silenzio, più punitivo e umiliante, possibilmente coronato da dimissioni: comunque senza che si battesse, per il dissenso, la grancassa della pubblicità.

Armando e Fagioli sono entrambi autori di molti saggi (del primo ricordiamo «Mito e realtà del ritorno a Freud», del secondo «Istinto di morte e conoscenza» e «La marionetta e il burattino») e, insieme, del libro «Il potere della psicanalisi», in pratica il loro manifesto contro la Spi. Armando respinge divertito l’insinuazione di un loro «furto» di allievi, cioè di un loro intervento diretto nel rapporto tra costoro e i maestri. «Il problema, — egli dice — è esclusivamente teorico. La Spi non è stata in grado di confrontarsi con le nostre proposte che mettono in crisi Freud su molti punti. La nostra espulsione, alla fine, potrebbe commentarsi da sola».

Nel corso della riunione di Firenze, alla mozione di Platania favorevole alla cacciata dei reprobi si erano contrapposte due mozioni ad essa contrarie, quella di Musatti e di Matte Blanco (respinta) e quella di Elvio Fachinelli che demandava al prossimo congresso di luglio l’esame dell’intera tematica di Fagioli e Armando (respinta anch’essa). A Fachinelli, e a Diego Napolitani, è dovuto anche un documento che esprime la loro opposizione alla drastica decisione della Spi («le opinioni e le azioni contestate ad Armando e Fagioli non rappresentano una particolare bizzarria della mente dei due espulsi ma si inseriscono nel processo di ricerca teorico-pratica che è comune, in molti Paesi, a numerosi psicanalisti…») e annuncia la costituzione di un Gruppo d’Iniziativa che consenta ai suoi membri la più completa autonomia sia dentro sia fuori le società psicanalitiche esistenti. Il primo obiettivo del nuovo gruppo sarà un convegno sulla trasmissione del sapere psicanalitico, punto focale del dissenso nonché autentica causa dell’espulsione. Quanto al tema (sottinteso, non ufficiale) degli allievi «rubati», Fachinelli replica in difesa con una battuta: «Gli allievi non sono pacchi postali». In sostanza non si può addebitare a Fagioli e Armando il fatto che le loro teorie, espresse in saggi e in articoli, hanno attirato e conquistato molte attenzioni.

Che cos’è dunque la Spi? Un Olimpo che intende contemplare se stesso, escludendo la dinamica dei dissensi? Al professor Cesare Musatti, firmatario di una delle due mozioni contrarie all’espulsione e tuttavia apparentemente d’accordo con coloro che viceversa l’hanno voluta, chiediamo: «Come si spiega che la Società Psicanalitica Italiana non abbia tollerato un attacco all’autorità?».

«Anzitutto: questo della psicanalisi è un affaraccio. Gli psicanalisti continuano a nascere come funghi. Non c’è tutela nei confronti del pubblico. Non c’è abilitazione all’esercizio. Corsi non se ne possono fare. Ne consegue che l’unico modo per diventare analista è quello di sottoporsi a un trattamento sia per imparare “come si fa”, sia per essere consapevole degli elementi che agiscono dentro di sé. Un altro metodo non esiste. Tutto il sistema è un sistema di trasmissione di capacità che finisce con il diventare inevitabilmente un sistema di trasmissione di potere. È un procedimento difettoso, d’accordo, come ogni processo di autoproliferazione: però non si può fare altrimenti. Armando e Fagioli hanno interferito in questo processo: nessuno glielo vietava, s’intende, ma loro si sono comportati scorrettamente. Hanno interferito addirittura nel training. Sono andati a dire agli allievi: “guardate che il vostro analista è un cretino”… E non è la stessa cosa che dire all’allievo di un liceo “guarda che il tuo ingegnante è un cretino”… Si viene a colpire direttamente quel rapporto affettivo tra analista ed allievo che in psicanalisi si chiama transfert…».


E loro?

«Due presuntuosi. Rompevano le scatole».


La psicanalisi, dunque, più che insegnata viene «consegnata» come un potere. Sublima il paternalismo… E ora la Spi espelle due suoi soci che non la pensano come gli altri… Non ritiene che questo rigore autoritario sia anacronistico?

«Lo so. L’autorità, benché utilizzata, viene criticata anche nel corso delle singole analisi. È inevitabile. L’analisi si fonda su un legame affettivo che si sviluppa non tanto per capacità taumaturgiche dell’analista quanto per il fatto che il confidarsi crea sempre una situazione di controllo psicologico che dà autorità a chi lo esercita. Il transfert è in parte positivo, ma in parte, com’è noto, anche negativo. Diciamo che il comportamento di quei due è dovuto a transfert negativo…».


Se così stanno le cose, perché non avete risolto il loro caso con i mezzi che voi psicanalisti avete a disposizione? La domanda non vuole essere: irriverente: esprime solo la curiosità del profano.

«Tutta la storia della psicanalisi tende a ripetersi. Non c’è niente di nuovo. Tutti hanno litigato con Freud e Freud ha litigato con tutti. Il caso di cui parliamo non esprime, in se stesso, che una situazione normale, che si ripete per ogni psicanalista».


Un fatto normale, lei dice. Ma al profano non sembra tanto normale che la psicanalisi, nel suo esercizio, presupponga sempre un «padre», un «padrone»: che in sostanza presupponga e confermi una società basata sull’autorità di qualcuno del quale, nel servilismo o nella blanda contestazione, si riconosce implicitamente il potere.

«Non c’è partito che non abbia un capo. Un leader c’è sempre. Insomma, non si può escludere l’autorità: siamo tutti come bambini. Abbiamo tutti bisogno di papà e mamma».


Anche i due «bambini» Fagioli e Armando?

«Fanno le bizze. Sono due bambini esibizionisti. Avevano bisogno di mettersi in mostra e la Spi ha fatto loro un favore nell’espellerli. Hanno così la pubblicità che cercavano».


Altra considerazione da profano: vedervi litigare (proprio voi che avete in mano le chiavi per risolvere i problemi della psiche) sembra quasi un’assurdità.

«No. Bisogna capire. La nostra attività è segregata. Gli analisti se ne stanno chiusi in uno studio dieci ore al giorno con i pazienti, e non hanno quegli sfoghi normali che tutti gli uomini hanno. Ma sono uomini anche loro: e in qualche modo devono anche sfogare la loro aggressività. E allora la sfogano con i colleghi. Poi un’altra cosa. Uno psicanalista in che modo può soddisfare le sue ambizioni? Non certo con il lavoro: l’analisi è segreta. E allora, magari, si mette a scrivere. Ma se scrive bisogna che scriva contro qualcuno o qualcosa: e allora diventa subito un rompiscatole. In fondo siamo tutti dei rompiscatole. Ci invidiamo, ci controlliamo, ci interpretiamo in continuazione qualsiasi cosa diciamo. Non è un mestiere facile. In teoria non dovremmo pubblicare una riga. Perfino i nostri nomi dovrebbero essere segreti e non apparire sugli elenchi del telefono. Un vero psicanalista dovrebbe essere un puro spirito… non avere nemmeno una faccia… E chi potrebbe resistere? Allora ecco che si diventa dei rompiscatole. Per affermarsi che cosa possono fare gli psicanalisti se non mettersi a litigare tra loro?».


Questa psicanalisi mette l’angoscia.

«No. Però l’angoscia è contagiosa. Avere a che fare tutto il giorno e tutti i giorni con il fenomeno dell’angoscia è pericoloso. Ci sono anche degli analisti che crollano».


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — Dopo una parte iniziale che descrive il “caso Massimo Fagioli e Antonello Armando”, un processo svoltosi all’interno della SPI e conclusosi con l’espulsione dei due, l’articolo prende spunto da questa vicenda per approfondire, in una intervista con Cesare Musatti, le dinamiche interne al “mondo analitico”.


[A·a1]• «[…Armando e Fagioli, accusati] di sottrazione di clienti ai loro colleghi»: più avanti, fin dal cpv. successivo, si parlerà invece di “furto” di “allievi”; se ne potrebbe ricavare che tra i due termini (“clienti” e “allievi”) – e tra i ruoli corrispondenti – non vi sia, almeno in ambito freudiano, una distinzione tanto netta.
NOTA: l’assemblea dei soci della SPI che doveva deliberare sull’espulsione dei 2 dissidenti si riunì dunque a Firenze il 1° febbraio 1976 (era lunedì), e possiamo ipotizzare che la decisione sia stata presa il giorno stesso.

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[] https://associazioneamorepsiche.org/stampa/page/81/
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