2015·09·11 - CorSera • Caprara·G • Homo naledi

Homo naledi

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Alto un metro e mezzo, pesava 45 chili
Ecco l’antenato scoperto in Sudafrica di una specie fino a ieri sconosciuta

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Il ritrovamento
Tutto è cominciato due anni fa in una grotta dove sono stati trovati ben 1.500 fossili

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L’indagine. «Grazie ai frammenti abbiamo ricostruito non solo il suo identikit ma pure lo stile di vita»
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Ominide. Lo scheletro ricostruito dai ricercatori di un ‹Homo naledi›, ritrovato in Sudafrica
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Fonte: National Geographic, Giorgio Manzi, ‹Il grande racconto dell’evoluzione umana›, Il Mulino, Bologna 2013, University of Wisconsin-Madison, illustrazione di Antonio Monteverdi
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di Giovanni Caprara
Corriere della Sera — 11/09/2015 (venerdì 11 settembre 2015)


Piccoli ominidi, finora sconosciuti, si muovevano nella savana sudafricana con pochi alberi. Avevano caratteristiche e capacità molto particolari e la scoperta dei loro resti fossili racconta di un antenato prezioso, addirittura una nuova specie battezzata ‹Homo naledi› che popolava l’orizzonte delle nostre origini. Ciò che più ha stupito i paleoantropologi sono alcune parti del corpo molto più simili alla specie ‹Homo› piuttosto che ad altre come l’‹Australopithecus› a cui apparteneva la famosa Lucy vissuta 3,2 milioni di anni fa.

[A·2]• ~
La storia iniziava due anni fa in una grotta ad una quarantina di chilometri da Johannesburg. La zona, nota come una delle culle dell’umanità, era già famosa per altri ritrovamenti. La grotta «Rising Star» (e «naledi» vuol dire «stella») aveva un’apertura piccola e angusta nella quale Lee R. Berger dell’università di Witwatersrand a Johannesburg entrava ritrovandosi in un’ampia caverna. Davanti agli occhi aveva una moltitudine di resti (1.550), un tesoro dal quale un gruppo di sessanta ricercatori ricostruiva l’identità di individui molto diversi: dal neonato all’anziano con maschi e femmine, inclusi cinque bambini. «La ricchezza dei frammenti ci ha permesso di ricostruire scheletri interi riuscendo non solo a definire in dettaglio il loro identikit ma anche gli stili di vita» spiega Damiano Marchi biologo dell’Università di Pisa e unico italiano tra gli autori della scoperta pubblicata sulla rivista ‹eLife›. La missione era sostenuta dall’università di Witwatersrand, dalla National Geographic Society e dalla National Research Foundation sudafricana.




Homo naledi› era di piccola statura (circa 150 centimetri), pesava tra i 40 e 55 chilogrammi e la testa, pur essendo piccola aveva caratteristiche vicine alle nostre nella conformazione, come le arcate sopracciliari. Altre somiglianze riguardano gli arti inferiori gracili e lunghi mentre il torace e il bacino conservano segni primitivi. «Il mosaico è variegato — nota Marchi — e per la prima volta consente di avere una visione completa di un ominide».

Il piccolo ‹naledi› era un bipede in grado di correre ma anche di arrampicarsi sugli alberi come certificano le dita arcuate. Lo studio della mandibola e dei piccoli denti suggeriscono che si cibasse pure di carne.




[A·5]• ~
Ma più intrigante è forse il raggruppamento degli individui. Gli scienziati ipotizzano che la caverna fosse una tomba nella quale i corpi erano stati raccolti dimostrando di avere un culto dei morti. Resta tuttavia il mistero della loro epoca. «Ancora non riusciamo a decifrarlo — aggiunge Marchi — perché non sono stati trovati intorno altri resti che ci consentano di raggiungere una datazione precisa. Se risalgono a 2,5 milioni di anni fa si collocano alle origini dell’evoluzione del genere ‹Homo›. Se invece fossero più giovani di un milione di anni lo spettro delle specie degli ominidi vissute contemporaneamente rendendo più complesso il panorama dal quale è emerso il ‹sapiens›». Questa è ora la sfida da vincere.

Giovanni Caprara


Il luogo


I resti dell’‹Homo naledi› sono stati scoperti dagli speleologi Steven Tucker e Rick Hunter in una parte remota della grotta «Rising Star». Per prelevarle lo scienziato Lee Berger ha cercato online 6 ricercatrici, tutte donne, con il fisico e le competenze necessarie a compiere gli scavi




Il biologo italiano nell’équipe

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Da Pisa a Johannesburg
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Tra i 60 studiosi selezionati in tutto il mondo per analizzare i reperti trovati vicino a Johannesburg c’è anche un italiano: Damiano Marchi (sopra), biologo con una specializzazione in antropologia dell’università di Pisa. Marchi studia in particolare l’evoluzione degli adattamenti scheletrici dell’uomo e dei primati.



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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — L’articolo è affiancato da un commento di Edoardo Boncinelli (qui).


[A·2]• Nel testo originario, «La grotta […] aveva un [sic!] apertura piccola e angusta […]», manca evidentemente un apostrofo; refuso, corretto.

[A·5]• Nel testo originario, «Gli scienziati ipotizzano che la caverna fosse un [sic!] tomba […]», qui manca evidentemente una ‘a’; refuso, corretto.

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[] https://issuu.com/segnalazioni.box/docs/naledi_sul_corsera
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