2017·02·18 - Left n. 7 • DeSimone·G (Fagioli rivoluzionario)

Più rivoluzionario che eretico


(Arkbase)

In copertina | Le idee
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A 85 anni scompare Massimo Fagioli, padre della Teoria della nascita e psichiatra dell’Analisi collettiva. «Ha rivoluzionato non solo il modo di fare psichiatria e psicoterapia ma il modo di pensare la realtà umana». Il suo pensiero raccontato da un amico e collega
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Fagioli ha avuto il coraggio di pensare un inizio. L’inizio del pensiero alla nascita
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Massimo Fagioli nella sua casa a Roma nel gennaio del 2009

di Gianfranco De Simone
Left n. 7 — 18/02/2017 (18 febbraio 2017), pp. 6-8.


Paolo Liguori a “Fatti e Misfatti” (rubrica del ‹Tgcom› in onda martedì scorso) si chiedeva come mai Massimo Fagioli — «medico psichiatra, scienziato rigoroso, teorico originale, inventore dell’analisi collettiva gratuita e frequentata da stimatissime persone di mia conoscenza» — è così antipatico a tanti giornalisti e non solo, che continuano a riportare menzogne e superficialità ripetute meccanicamente nel corso degli anni. La critica ai suoi colleghi e non solo, viene fatta da Liguori pur non aderendo alle idee di Fagioli, ma dal punto di vista del giornalista e uomo di cultura che è interessato alle persone che nella società lasciano un segno politico e lo lasciano sulle persone. «Tante persone autorevoli che conosco e stimo hanno avuto una fulminazione nel rapporto con Fagioli, che io considero un eretico, uno psicoanalista eretico che non può che essere criticato dai suoi colleghi ortodossi». È l’immagine di Massimo Fagioli che rompe con la Società di psicoanalisi, con la pubblicazione dei risultati della sua prassi psicoterapeutica e psichiatrica, venendo sanzionato senza discutere le sue idee nuove. Ed è ancora così dopo più di 40 anni: non si riesce a fare una critica alla Teoria della nascita. Perché?

Perché dopo 40 anni di Analisi collettiva e di ricerca sul pensiero senza coscienza, il corpus teorico fagioliano è risultato pieno di evidenze, di pensieri, idee originali che hanno rotto i legami con le tradizioni psichiatriche e psicoanalitiche. Le stesse in cui quelle idee si sono formate («nonostante…» diceva Massimo Fagioli), rendendo così manifesto ed evidente il loro definitivo carattere di rottura, la loro identità rivoluzionaria che indica come trasformare i rapporti interumani, da quello madre-bambino a quello uomo-donna, fino a quello individuo-società, basandoli sul vedere e rifiutare la violenza invisibile che c’è in questi rapporti.

Ecco perché Fagioli è stato un rivoluzionario più che un eretico. La sua teoria consente il superamento delle tante psicoanalisi che oggi vengono proposte con eclettismo ateorico, senza tener conto delle loro inconciliabili metapsicologie. Non c’è infatti uno “sviluppo” nella psicoanalisi di Freud, ma solo singoli percorsi concettuali che cercano di tamponare le falle, le contraddizioni e le carenze della metapsicologia freudiana, proponendo diversi orientamenti, da quello relazionale a quello interpersonale e ai recenti intersoggettivi; e tutti cercano di allontanarsi da quello pulsionale in quanto con l’idea di pulsione di Freud, legata all’istinto animale, non si affronta altro che la rimozione con il controllo della coscienza. Questi modelli, spesso con scarsa consapevolezza storico-critica ed epistemologica, vengono proposti come un corpus teorico unico mentre, come ha sottolineato perfino uno psicoanalista come Eagle, essi costituiscono tanti punti di vista dell’inconscio a cui manca una unica vera e coerente teoria della mente cosciente e non cosciente. La Teoria della nascita, col suo nuovo modello di inconscio e gli ulteriori sviluppi, ha rivelato il suo grande valore di rottura e cambiamento nel modo di pensare la realtà umana più profonda e di trattare le sue alterazioni psichiche. In ambito terapeutico, in una vasta gamma di patologie, in quanto capace di attivare e trasformare livelli molto primitivi e originari di funzionamento del pensiero.

[A·4]• ~±?
L’Analisi collettiva, con la sua unicità di cura, formazione e ricerca, è stata capace, con Fagioli a condurre il grande gruppo spontaneo, di offrire risposte efficaci, interpretazioni del transfert negativo nei sogni, tali da produrre cambiamenti radicali nella vita di tre generazioni di partecipanti. L’ammissione di Marco Bellocchio sul ‹Corriere della sera› («Fagioli mi ha salvato la vita») si può estendere a migliaia di persone che lo hanno riferito nei seminari e perfino a colleghi psichiatri che ne hanno parlato nei convegni scientifici internazionali. Convegni in cui, fin dagli inizi del ’70 [sic!], c’è stato interesse per Fagioli, sia per la Teoria che per l’Analisi collettiva. Fagioli ha rivoluzionato non solo il modo di fare psichiatria e psicoterapia ma quello di pensare la realtà umana, la nascita umana e lo sviluppo infantile legandolo alla nascita e allo sviluppo del pensiero. Fagioli ha avuto il coraggio di pensare un inizio. Affrontare i malati di mente gravi nei manicomi di Venezia e Padova, fare i gruppi con gli schizofrenici, lavorare nella comunità terapeutica in Svizzera da Binswanger, non era sufficiente per arrivare a ricreare l’inizio della malattia della mente. Per questo era necessario calarsi con i malati quasi nel rapporto inconscio. E nell’inconscio dei pazienti individuò il fenomeno della sparizione. Descritta e non compresa da Freud con la storia del rocchetto, la sparizione venne legata alla pulsione di annullamento. Pensando al “tempo dell’inconscio” rifiutando l’idea di Freud dell’atemporalità dell’inconscio, e recependo l’indicazione di un sogno di un paziente (“poi”), Fagioli arrivò a concepire un inizio del pensiero alla nascita. Qui c’è la rottura e il superamento del difetto dell’esistenzialismo, del cristianesimo e anche del marxismo: quello di non aver pensato a un inizio.




L’inizio del bambino è alla nascita e la nascita è un inizio di realtà psichica. L’idea del tempo e della sparizione portano all’idea della trasformazione, dalla veglia al sonno, dal pensiero cosciente a quello non cosciente, in quanto c’è il superamento della scissione tra coscienza e inconscio e c’è l’idea della cura come guarigione, scomparsa della dimensione patologica e comparsa di qualcosa che prima non c’era. La rivoluzione dei rapporti sociali pensata e ispirata da Marx, non arriva a pensare la liberazione dall’alienazione religiosa e la trasformazione della realtà umana. La violenza nei rapporti oltre il sadismo è vedere la malattia dove c’è un’altra violenza che è la negazione. L’eziopatogenesi, la causa, della malattia mentale sta nella negazione e nella pulsione di annullamento contro la realtà umana; negare la realtà psichica di un altro essere umano fino a renderlo inesistente.

[A·6]• ~±?
L’uomo oggi più che mai deve affrontare come prima cosa il problema dell’anaffettività, quella dimensione di freddezza, lucidità, di rapporto esatto con le cose che fa la razionalità funzionante ma fa l’assenza di rapporto con la realtà umana. Fa una cecità che impedisce di vedere la violenza invisibile nella famiglia, nella società, nei giornali. Un’anaffettività che Fagioli ha legato alla pulsione di annullamento, denunciandola nei suoi scritti e affrontandola nell’Analisi collettiva in tutti coloro che andavano con l’intenzione di far sparire la realtà interna, le qualità, l’identità interna del terapeuta. L’anaffettività mista a malafede che tutti si trovano ad affrontare nella società che è morte della mente umana. La mente umana si realizza nel rifiuto di sottostare a chi vuole farci credere che bisogna seguire le regole della realtà non umana che è soltanto spirito. È rivoluzionario pensare e verbalizzare con parole comuni quella dimensione e realtà considerata da millenni inconoscibile (‹das Unbewusste›).


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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[A·4]• Nel testo originale, «Conven- [sic!]gni in cui, fin dagli inizi […]», nella parola “convegni”, tagliata in 2 da un accapo, un evidente refuso ha introdotto una ‘n’ di troppo; ortografia ripristinata.
IBID.• «Convegni in cui, fin dagli inizi del ’70 [sic!], c’è stato interesse […]»: in realtà, non risultano convegni all’inizio del ’70, e neppure agli inizi degli anni ’70, qualora De Simone intendesse dir questo; alla fine del 1970 Fagioli scrisse (verosimilmente a mano) la prima bozza di ‹Istinto…›, che poi venne dattiloscritta e riprodotta in un certo numero di copie, come afferma lo stesso Fagioli nell’estratto del suo testo ‹La psichiatria come psicoterapia›, pubblicato sullo stesso fascicolo di “Left”:
[…] nel 1971, ed esattamente il 15 gennaio, cominciarono a circolare nella Società italiana di psicoanalisi una ventina di copie dattiloscritte di un testo che poi doveva essere pubblicato nel gennaio 1972 con il titolo di ‹Istinto di morte e conoscenza›.
È probabilmente a questo che De Simone si riferisce con l’espressione “dagli inizi del ’70”; marcato con [sic!].
IBID.• «[…] fin dagli inizi del ’70 [sic!], c’è stato interesse per Fagioli, sia per la Teoria che per l’Analisi collettiva [sic!]»: in realtà, i seminari dell’Analisi collettiva ebbero inizio al principio del 1976 (il 13 gennaio, per l’esattezza), sviluppandosi spontaneamente da una serie di supervisioni per analisti, tenute da Fagioli a partire dall’autunno dell’anno precedente.
IBID.• «[…] lavorare nella comunità terapeutica in Svizzera da Biswanger [sic!] […]»: l’ortografia corretta è “Binswanger” (manca la 1ª ‘n’); ortografia ripristinata.

[A·6]• Nel testo originale, «[…] realtà considerata da millenni inconoscibile (‹das umbewuste› [sic!])», l’ortografia corretta del tedesco è ‹das Unbewusste› (con l’iniziale maiuscola, ‘n’ al posto di ‘m’ e la doppia ‘s’); si tratta di un curioso refuso multiplo; ortografia ripristinata.
NOTA: il termine ‹das Unbewusste› venne coniato da Schelling nel 1800; con l’espressione “da millenni inconoscibile” De Simone intende probabilmente riferirsi a una tradizione culturale che fa capo al ‹logos› greco, rispetto al quale l’idealismo tedesco e ‹das Unbewusste› sono soltanto gli ultimi sviluppi.

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